KATATONIA - The Fall of Hearts (Review)
Full Lenght - Peaceville
(2016)
Parlare dell'ultimo Katatonia non è semplice. Al di là dei facili entusiasmi per la creatura svedese che ha praticamente delineato il moderno modo di intendere il Depressive Rock di marca più progressiva e sognante, quel genere di confine che prende le melodie più cupe e le assorbe in partiture moderne quasi pop, sempre tenendo bene a mente però la lezione di pesantezza derivata dal loro passato Black Metal, quel liquido e sognante Metal Rock che strizza l'occhio allo Shoegaze ma che mantiene i piedi a terra con riff pesanti come un macigni, si, quel genere che ha sdoganato il nome Katatonia (ma anche Opeth) al mondo intero.
Avevo sempre messo in conto che determinate scelte stilistiche della loro carriera erano dettate dal “trend” del momento, molti album, risentivano della moda o del genere che all'epoca andava per la maggiore ( i tempi NU-Metal di “Viva Empiness”, ad esempio o l'utilizzo dell'acustico in “Dead End Kings”), ma che ora si prende “inspirazione” (chiamiamola inspirazione, và...) dai Tool, ed in maniera così smaccata risulta spiazzante, se non giocoforza fazioso. “Takeover” è praticamente clonata su un qualunque pezzo di Lateralus, mentre nell'ascolto di “Serac” appare il fantasma di Steve Wilson a chiedere i diritti. E quando non si “inspirano” ai Tool o ai Porcupine Trees, svaligiano tranquillamente i connazionali Opeth ( “Decima” sembra un out-take di Damnation...). Perdonate la franchezza, ma per quanto mi sforzi, i rimandi a questo o quell'altro artista saltano fuori ad ogni singola traccia. Quindi un lavoro riuscito sulla forma e anche nella sostanza – la performance vocale è sempre il loro maggior pregio e da questo punto di vista il lavoro è egregio, toccante quando serve e drammatico il giusto senza diventare stucchevole - ma che però difetta di personalità e resta sospeso nel limbo dei “ma perché?”. In definitiva un lavoro, questo “The Fall of Hearts” che li consacrerà comunque a Leader non Follower del loro stile unico ed inconfondibile, ma che per quanto ascolti il lavoro (che spesso cade nel prolisso, purtroppo, data la reiterazione del clichè), non riesce a convincermi del tutto della bontà delle loro intenzioni.
Spero, e mi auguro che sia uno di quei lavori di transizione, un po' come è stato “Discouraged Ones”, che aveva spiazzato tutti, lanciando però i prodromi di una carriera che finalmente si realizzava. Per il momento mi riservo il dubbio di capire se sia realmente un'evoluzione naturale del loro stile ( che stava pericolosamente implodendo su se stesso) e che quindi sia un nuovo, ulteriore “next level” verso il futuro, oppure una scelta di comodo dettata più dal giocare sul sicuro e rischiare il meno possibile. Resto in attesa, ma vi tengo d'occhio.
Recensione a cura di: D666
Voto: 70/100
TRACKLIST:
01.Takeover 07:09
02. Serein 04:46
03. Old Heart Falls 04:22
04. Decima 04:46
05. Sanction 05:07
06. Residual 06:54
07. Serac 07:25
08. Last Song Before the Fade 05:01
09. Shifts 04:54
10. The Night Subscriber 06:10
11. Pale Flag 04:23
12. Passer 06:25
TOTALE: 60:07
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